Una storia da film?

11.06.2023

C'è qualcosa nella storia di Karolina Muchova che ricorda la sceneggiatura di un film: uno di quei polpettoni hollywoodiani spesso retorici, fatti di cadute e di riscatto, di sofferenza e di resilienza, di opportunità colte all'ultimo istante e di occasioni mancate per un soffio. Ma questa è una storia vera. E soprattutto il finale è ancora tutto da scrivere. O meglio, da vivere.

Date, momenti, incroci che hanno dell'incredibile. Non si possono ricordare tutte le tappe di una storia sportiva fatta veramente di continui alti e bassi. Tra i tanti, io ne voglio raccontare tre, anche perché me li ricordo senza bisogno di rovistare negli archivi.

Primavera 2019: Karolina è giovane, ma non giovanissima. La sua carriera è sbocciata tardi, nonostante il cristallino talento. Convocata per la Fed Cup in assenza delle 'big' ceche come Kvitova e Pliskova, dà buone prove di sé, al punto che poco dopo la sua connazionale Lucie Safarova, agli sgoccioli della carriera, rinuncia alla wild card offertale dagli organizzatori del torneo di Praga, non sentendosi più in grado di competere in singolare, e accetta solo quella in doppio; suggerisce perciò di cedere il suo invito alla giovane talentuosa che si è messa in mostra in FedCup. È così che Karo entra in tabellone e inizia una corsa che la porta dritta in finale. Qui si arrende a Jill Teichmann, ma la si può perdonare: è la sua prima finale ad alto livello, nessuno si aspetta nulla da lei ("Chi è questa Muchova? Da dove sbuca?"). Un dettaglio che passa inosservato all'epoca - ma oggi non può essere ignorato - è che in quella "cavalcata", la prima avversaria a cadere sotto i suoi colpi è una ragazzetta polacca all'epoca sconosciuta ai più, una certa Iga dal cognome poco pronunciabile.

Karolina, dicevamo, perde la finale, ma si guadagna le posizioni in classifica sufficienti ad assicurarsi l'accesso al main draw di Wimbledon, entrando di slancio nelle prime cento al mondo.

È il luglio 2019, seconda data, secondo incrocio: calca per la prima volta i "sacri prati", ma non è un esordio Slam - va detto. Ha già un paio di precedenti, ottenuti tramite il tabellone di qualificazione: una stupefacente vittoria contro Muguruza agli US Open e una sonora batosta inflittale dalla connazionale Pilskova in Australia, appena qualche mese prima (Pliskova, si badi bene: uno dei motivi per cui ha giocato quella Fed Cup e quindi quel torneo di Praga). Ma si diceva degli incroci, delle coincidenze: Karolina non solo si trova a meraviglia sull'erba ed elimina una dietro l'altra senza patemi Krunic, Brengle e Kontaveit, ma arriva a sfidare di nuovo la sua omonima Pliskova: si gioca una partita folle, di livello altissimo, che la Karolina più forte sembra ripetutamente indirizzare a suo favore, ma senza riuscire mai a concludere. Finirà 11 a 13 al terzo set, in più di tre ore. Al di là dei numeri, si inizia a diffondere la sensazione che questa ragazza che ogni tanto appare nei tabelloni dei tornei a scompaginare le carte non sia un fuoco di paglia: impressiona la sua capacità di fare tutto in campo, di esibire un tennis completo, a tutto tondo, adattissimo all'erba, che fa scintillare gli occhi agli amanti del "bel gioco", sempre più orfani di interpreti credibili.

Come si dice? "A star is born", o almeno il cinema direbbe così. Ma chi profetizza un grande avvenire per Karolina non tiene conto del fattore per il quale la sua affermazione è stata tardiva rispetto al suo indubbio talento: la ragazza è fragile. Fisicamente. Non è il caso di enumerare tutti i suoi guai, ma il fatto è che non riesce ad essere mai continua. Appena è sana, infila risultati tutt'altro che banali come una semifinale all'Australian Open e un quarto di finale a Wimbledon (di nuovo), ma per lo più gioca a singhiozzo: riprova, si infortuna, si deve fermare più a lungo, in classifica si inabissa: per dire, alla fine del 2022 è oltre il numero 200 al mondo. 18 mesi fa più o meno, come ha raccontato lei stessa, i medici le lasciano poche speranze: "Non puoi tornare a fare la professionista, il tuo corpo semplicemente non ce la fa." Karolina è sul punto di smettere, ma vuol tentare il tutto per tutto. Per qualche mese gli infortuni le danno tregua, lei riprende ad allenarsi, e poi timidamente a giocare; vede che funziona, che regge… A gennaio 2023 è già risalita intorno al numero 150.

Sei mesi dopo, lunedì prossimo, sarà numero 16. Le settimane d'oro del Roland Garros contribuiscono moltissimo a questa ascesa vertiginosa, ma sono solo il punto d'arrivo di una prima parte di stagione di ottimo livello. Il gran torneo a Parigi della 26enne di Olomuc è un cammino prestigioso, che la vede superare con autorità nomi illustri del presente e del passato come Sakkari (TdS n. 8), Podoroska (semifinalista a Parigi nel 2020), Pavlyuchenlova (finalista nel 2021). Nella semifinale contro Aryna Sabalenka è data comunque per sfavoritissima: la bielorussa quest'anno è un carrarmato, ha vinto Australian Open e Madrid; Muchova finora ha fatto i miracoli ma insomma…

8 giugno 2023, ancora una data da segnare: la semifinale Sabalenka-Muchova è probabilmente la più bella partita dell'intero torneo. Nel terzo set Karolina si trova con un piede, quasi due, fuori dal torneo, un po' come era accaduto in quell'ottavo di Wimbledon del 2019, quando improvvisamente Aryna si dimentica di quel che è diventata e ripiomba nei suoi fantasmi del passato. La ceca ringrazia, ne approfitta, e si prende la finale, dimostrando peraltro ancora una volta un'attitudine alla lotta che è sicuramente una delle chiavi della sua rinascita. Due giorni dopo, di là dalla rete questa volta si trova la ragazzetta polacca, quella del primo turno di Praga 2019: solo che nel frattempo costei si è conquistata tre titoli Slam, è diventata la numero uno al mondo e la gente ha imparato che il suo cognome si legge "Swiontek".

Il resto non è storia ma cronaca, che altri racconteranno meglio. Nei film hollywoodiani probabilmente avremmo assistito al trionfo di Karolina: non ci è andata tanto lontano, ma Iga non è Numero Uno al mondo per caso. Ma per fortuna la storia non è ancora finita. Gli occhi di Karolina, che ieri pomeriggio alla premiazione si sono riempiti di lacrime, possono guardare con speranza e fiducia al futuro, e quello prossimo si chiama Wimbledon: molti ora si aspettano da lei grandi cose a Church Road, dove forse chissà incrocerà di nuovo le racchette con l'altra Karolina, o ancora Iga, quei nomi che nella sua vicenda ogni tanto ritornano, per chiudere un cerchio.

E per scrivere un finale ancor più degno a questa storia più emozionante di un film.


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