Una bella storia

03.06.2023

Fosse un prode italico, probabilmente avremmo visto scritte paginate sull'"epica impresa" o sulla "favola bella"... Ma il protagonista di questa storia è nato Oltralpe, in Austria e precisamente in Stiria, e quindi la sua vicenda a certe latitudini non merita di esser raccontata, se non in quattro righe spicciole per ricordare che Fognini ha perso con lui una grossa occasione.

A me però la storia pare tutt'altro che trascurabile e allora, ecco che mi ci provo, anche se non gli ho visto giocare un quindici, questa settimana. Magari nel frattempo qualcun altro se ne sarà accorto, ma questa è la mia versione e a me, tutto sommato, piace.

Dicevo, di suoi "quindici" ne ricordo qualcuno del 2017… quando tutto ebbe inizio. Successe a Wimbledon: il ragazzo - non l'abbiamo ancora detto, ma i meno sprovveduti l'avranno già capito - comunque dicevo il ragazzo si chiama Sebastian Ofner e gioca all'epoca le sue prime qualificazioni a Wimbledon. Ha 21 anni appena compiuti, una classifica piuttosto deficitaria che recita n. 217 al mondo e non ha mai messo piede su un campo in erba, quanto meno per giocarci a tennis. Al tennis appunto si dedica da un po', ma ha iniziato a fare sul serio da un annetto o due, perché mamma ha voluto che finisse la scuola, si pigliasse un diploma, ché non si sa mai. Non ha carriera junior, pertanto, ed anche a livello ATP non si è visto sostanzialmente mai. A Wimbledon, o meglio a Roehampton, la sede di svolgimento delle qualificazioni, è andato più che altro per fare esperienza, respirare l'aria dei grandi tornei… Ma così, dal nulla, turno dopo turno supera le qualificazioni, prevalendo su avversari assai più quotati. Nel terzo turno in particolare si rende protagonista di una rimontona da due set a zero sotto (mai giocato prima un 5^ set, ovvio). Entra così in tabellone, e già questa sarebbe una mezza impresa (e sicuramente per lui lo è), ma nulla di particolarmente memorabile: di qualificazioni un pochino estemporanee ne avvengono ad ogni Slam. Il buon "Ofi", come lo chiamano in Austria, conquista così il suo personale momento di gloria, facendosi notare però più che altro per il suo look, uscito direttamente dagli anni Ottanta, e per la pettinatura che, complice l'origine austriaca di entrambi, lo fa accostare ad una cantante in voga qualche anno addietro e prematuramente scomparso: Falco, qualcuno lo ricorderà. Ma il ragazzotto al look non bada più di tanto, mentre a vincere sull'erba ci ha preso gusto: un dopo l'altro batte anche Thomasz Bellucci, e va be', ma soprattutto Jack Sock, che all'epoca era un ancora un signor giocatore, con tanto di classifica che recitava numero 17 al mondo. Sarà Alexander Zverev ad interrompere la corsa londinese di Sebastian, ma intanto classifica, montepremi, attenzioni e aspettative hanno fatto un bel balzo in avanti. In quegli anni gli occhi in Austria sono tutti per Dominic Thiem, però sembra che il piccolo paese alpino abbia trovato un'altra freccia da incoccare al suo arco: si leggono già previsioni come "in Davis faranno paura" e altre simili avventatezze.

Nell'immediato in realtà poco si muove, un successo così va assimilato, però intanto iniziano ad arrivare le partecipazioni a tornei di un certo livello, anche se per lo più sotto forma di wild card erogate quasi sempre dal paese natale. Ed è proprio per via di una di queste che ho avuto modo di vederlo in azione, a quei tempi. Me lo ricordo molto bene: era un'estate caldissima, seguivo il torneo di Kitzbühel più che altro per rinfrescarmi guardandone le montagne e il verde rilassante: c'era anche il tennis, sì, ma a Kitz non è che la partecipazione sia in genere di altissimo livello, poi lì tutti aspettavano Dominic, che invece quell'anno aveva preferito Washington, e invece ri-saltó fuori l'eroe di Wimbledon, che nel frattempo aveva iniziato a pettinarsi come uno normale e, supportato dal gran tifo di casa, si spinse fino alla semifinale, battendo tra l'altro uno specialista della terra battuta come Pablo Cuevas, numero uno di quel tabellone. Si vedeva che il nostro ragazzone non era un fenomeno, però tirava delle discrete botte, aveva un gran servizio e in quei giorni lì gli stava tutto dentro. E poi combatteva, lottava, non ci stava a perdere, aveva una bella "garra" austrungarica.

Inizio di qualcosa di importante? Si sarebbe detto. Invece no, finì più o meno tutto lì. Cioè no, non è vero: ebbe inizio un'onestissima carriera Challenger, condita da tre titoli sparsi qua e là negli anni ed una classifica oscillante tra il 130 e il 200, più o meno. Certamente niente di male, ma ben al di sotto di quel che si era intravisto. Va detto peraltro che, ogni volta che era sembrata sul punto di svoltare, la carriera del ragazzo aveva incontrato tanta mala sorte: infortuni, e il Covid, (come tutti), e ancora gli infortuni... Per dire, nel 2021 torna in una finale Challenger a Nur Sultan, ma poi si deve fermare per un un problema ad un piede; le cose sembrano meglio incamminate, ma in realtà Sebastian deve convivere con il dolore, non riesce a correre bene e scende in campo solo imbottito di analgesici. Si rende conto di non poter continuare così, opta per l'intervento chirurgico e qualche mese dopo riprende a giocare. L'anno scorso ad aprile torna così a vincere un Challenger dopo quasi tre anni, a Praga, e si qualifica per il Roland Garros, e anche a Kitz, ma poi ricominciano i ritiri in serie, perché il problema non è risolto. Allora, di nuovo sotto i ferri e la sensazione di dover ricominciare daccapo.

Questa volta però l'intervento sembra essere stato risolutivo. Si prepara bene nell'off-season e, complice il legame con Dominic Thiem, il cui padre Wolfgang è da sempre uno dei suoi allenatori, svolge una parte di preparazione a Dubai, in dicembre. E qui succede una cosa del tutto inaspettata, ma che forse ha un valore in un certo senso profetico: è chiamato all'ultimo momento a fare da tappabuchi nella World Tennis League, torneuccio a squadre miste sportivamente parlando di assai poco valore, ma economicamente piuttosto remunerativo. Gli tocca misurarsi con Novak Djokovic, niente meno, e la partita si preannuncia una passeggiata per Nole, anche se non è esattamente in splendida forma, forse neanche tanto concentrato. E invece Sebastian Ofner, da numero 193 al mondo, gli porta via al tiebreak il primo set, per poi ovviamente non vedere più palla, però intanto... La partita è naturalmente da prendere con beneficio d'inventario, ma - con il senno di poi - un qualche valore lo assume.

Perché Ofi, lo dicevamo, gioca finalmente libero dal dolore e libero di esprimere il suo potenziale. Che non è quello di una superstar, ma gli ha consentito, nei primi sei mesi dell'anno, di raggiungere quattro finali Challenger (tutte perse, ma non pretendiamo troppo), di qualificarsi per il Roland Garros. appena per la seconda volta in carriera, di entrare nei primi 70 della Race, di ritoccare quasi ogni settimana il best ranking. E di trovare la settimana della vita: o meglio, la seconda settimana della vita, o forse la seconda settimana della seconda vita, dopo quella di Wimbledon. Anzi, meglio: perché adesso è negli ottavi di uno Slam. Ed è entrato nei primi cento al mondo, anzi sta intorno all'ottanta, e questo può cambiare tante tante cose in una carriera. E ancora: grazie ai punti del Rolando sarà tra i primi cinquanta circa della Race, quindi con la prospettiva di salire ancora.

Ha avuto fortuna? Innegabile, il tabellone lo ha aiutato, mettendogli di fronte giocatori molto più alti in classifica, o comunque più talentuosi, ma palesemente a disagio sulla terra o mezzi infortunati: Cressy, Korda, Fognini. Però vale sempre il principio boccacciano che la fortuna da sola non basta: va colta. E qualche volta è anche un giusto risarcimento per i tanti guai patiti in precedenza.

Ecco perché questa storia meritava di essere raccontata.

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