Un anno dopo

25.08.2021

Con le qualificazioni, di cui è scattata ieri la prima giornata, si può dire ormai cominciata la corsa all'ultimo Slam della stagione. E ad oltre un anno di distanza, torno ad occupare un piccolo spazio sul web con le mie considerazioni. Questa volta non si tratta propriamente di una "storia" , in realtà. Ma siccome questo blog era nato per raccontare emozioni tennistiche e, dopo una lunga fase semi-anestetizzata dalla pandemia, oggi sento di nuovo il desiderio di provare a dar voce a quel qualcosa che viene da dentro, mi cimento con la scrittura, anche se per il momento la "storia" ha ancora da essere.

Si profila un evento un po' strano, privo come sarà della premiata ditta Roger & Rafa (oltreché del Campione in Carica). Non è peraltro la prima volta che capita né di certo sarà l'ultima: anzi, a questa situazione anche i più incrollabili fedeli dovranno abituarsi, visto che l'anagrafe e gli infortuni stanno presentando il loro salato conto proprio nello stesso periodo ai due grandi rivali. Non è detto però che sia necessariamente un male irredimibile: nonostante al momento ci si avvicini all'evento con la diffidenza di un gatto che allunga la zampetta verso l'acqua pronto a ritirarla al primo contatto sgradito, anche questo UsOpen può risultare in qualche modo memorabile, come lo fu quello passato.

Per alcuni aspetti, infatti, non siamo lontani dalla situazione di un anno fa. Il "dinamico duo" assente da NY, un parterre di campioni Slam ai nastri di partenza ridotto ai minimi termini, vuoi per scelta, vuoi per necessità (niente Stanimal, sir Andy, Delpotro...), il Leitmotiv era allora chiaramente UNO, Nole contro il Resto del Mondo, Nole contro tutti. E sembrava uno Slam senza storia.

Così si può riassumere anche l'edizione 2021, almeno alla vigilia. Con la non banale differenza che quel "contro tutti" si è arricchito di qualche avversario in più: non solo i 127 in tabellone, ma tutti i concorrenti passati e forse futuri, la Storia, i Record, la Gloria Eterna, dato che - nel frattempo - il Numero Uno si è portato pure lui a quota 20 "Majors" ed è in corsa per il Grande Slam. Per di più i suoi avversari, passati ed odierni, si dilettano a rendergli la vita ancor più difficile, espondendosi unanimemente in suo favore, con un coro di "Il favorito è Lui", ad aumentagli ancora un po' la non trascurabile pressione.

Non c'è dubbio che lo sia davvero, IL Favorito. Ma lo era anche un anno fa, anzi lo era di più. Il finale sembrava davvero già scritto. Eppure accadde l'imponderabile e ci si trovò con quattro semifinalisti "neofiti", chiunque dei quali avesse vinto sarebbe stato un neo campione Slam.

A beneficiare di quella irripetibile congiunzione astrale, come si sa, fu Dominic Thiem, al termine di una finale che definire carica di tensione è un pallido eufemismo, ma che ebbe comunque meriti enormi. Ieri l'ho rivista, la partita, anzi a dire il vero vista per la prima volta in versione quasi integrale e...

Be' tecnicamente fu davvero brutta, e anche parecchio: gli estimatori del bel gioco avranno avuto sacrosante ragioni di lamentarsi, gli orfani di Rafa e Roger avranno legittimamente sparso le loro lacrime. Risposte dal parcheggio dell'Arthur Ashe, per di più spesso sbagliate, e quelle rare volte che andavano a segno frustrate da chiamate improvvide dei giudici di linea... Servizi spuntati, seconde che viaggiavano a 80 miglia, doppi falli nei momenti meno opportuni... Attacchi e volee alla spera-in-dio e l'incapacità cronica di cogliere l'attimo... Tutto questo si è visto un anno fa, e non lo dimentichiamo. È vero, nulla da obiettare.

Però devo dire che, anche un anno dopo, anche sapendone l'esito, quella finale è stata magnetica, da non riuscire a staccarsi, e a tratti coinvolgente, da salivazione azzerata. Quei due dritti di Dominic sul 5-4 per Sascha nel 5' set fanno venire tuttora le stelline agli occhi, alimentando peraltro i rimpianti per quella che avrebbe potuto essere una grande finale, se giocata al meglio... Fatti i dovuti distinguo, è stata un po' somigliante la semifinale di Cincinnati tra Zverev e Tsitsipas di qualche giorno fa: cali di tensione e momenti di down quando si trattava di chiudere la contesa, incapacità di ammazzare (sportivamente) l'avversario in difficoltà, crisi fisiche combattute con resilienza e rifiuto della sconfitta, distribuiti di qua e di là, per quanto non del tutto equamente. A New York un anno fa tutto questo era stato amplificato: dalla posta in palio più alta ovviamente - prima finale Slam per l'uno, prima reale occasione di vincere per l'altro - oltreché da quell'atmosfera surreale di intenso silenzio, uno stadio enorme e vuoto, vuotissimo, in cui ogni sospiro pesava, ogni tentativo di trovar conforto dal pubblico era frustrato in partenza, ogni sguardo alla tribuna desolante, ogni emozione trattenuta e concentrata all'ennesima potenza... È stata questa combinazione di fattori a rendere così disgraziata e nello stesso tempo così memorabile quell'edizione dell'US Open, e quella Finale in particolare. Non l'avevo vissuta così allora, ma a rivederla mi ha fatto questo effetto.

È ora? Quest'anno sarà in parte diverso, perché il pubblico ci sarà. Questo cambierà qualcosa, nel senso che forse le emozioni saranno più esibite e meno trattenute, perché avranno qualcuno a cui manifestarsi. Ma non saranno meno intense (la succitata semifinale di Cincinnati ne è in un certo modo una conferma, un'anticipazione di quel che potrebbe ripetersi...) e giocheranno un ruolo decisivo. Non sarà solo questione di colpi, di tattica o di risorse fisiche. Non lo è mai, ma oggi a maggior ragione.

Vincere uno Slam è difficilissimo, si sa: QUELLO Slam in particolare, quello del 2020 voglio dire, è stato emotivamente come scalare l'Everest a mani nude e senza ossigeno: una vera e propria impresa. A un anno di distanza lo si coglie di più. Domi ne ha pagato lo scotto per mesi e comunque, suo malgrado, ora non ci sarà. Toccherà ad un altro, succedergli, il quale dovrà essere enorme... SÌ, ENORME, sportivamente parlando of course, anche perché di nuovo saremo di fronte ad una prima volta importante. In ogni caso, colui scriverà un altro pezzetto di storia: o un record "for the ages" o il 151mo campione Slam.

Insomma sarà strano, mancherà qualcuno, mancherà qualcosa, mancherà forse molto... ma potrà avere ugualmente il suo fascino. 

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