Tanta voglia di vacanze...

Qualche settimana fa Milos Raonic, lamentandosi della lunghezza dell'annata tennistica, tale - a suo dire - da impedire recuperi e allenamenti lontani dalle competizioni, lanciava la proposta di una stagione limitata a sette mesi, per preservare corpi e menti, così da assicurare maggiore spettacolo e competitività. La proposta, ovviamente, era destinata a cadere nel vuoto, perchè uno sport così mediatico e danaroso come il tennis non può permettersi un circus ridotto a poco più di un semestre, grosso modo con la finestra di visibilità di una qualunque disciplina invernale.
Tuttavia, se gettiamo uno sguardo a quanto sta avvenendo sui courts asiatici ed europei di queste settimane, abbiamo la sensazione che l'idea del canadese non sia stata accolta certo a livello ufficiale, ma di fatto sia stata messa in pratica da una bella fetta di ATP e WTA. Detto in altre parole, non c'è un tennista o una tennista che abbia davvero giocato l'intera stagione a livelli costantemente alti: in uno modo o nell'altro tutti e tutte si sono presi le loro pause, oppure non se le sono prese, e ora la pagano.
Qualcuno potrebbe obiettare: "Eh, ma Federer... Vinceva in Australia, e a Shanghai nove mesi dopo è ancora lì a demolire qualunque concorrenza!" Sì, be', a parte che non stiamo parlando esattamente dell'ultimo arrivato, vanno precisati due non trascurabili dettagli: Roger ha giocato quest'annata dopo aver interrotto a metà quella passata; per di più, si è risparmiato due mesi a lui sgraditi, saltando a piè pari la stagione sul rosso, in modo che, si potrebbe dire, ottobre per lui è come agosto per gli altri, in un certo senso.
Federer a parte, i giocatori e le giocatrici attualmente on fire sono al 99,9% gente che ha più o meno sonnecchiato per una buona parte della primavera e dell'estate. Prendiamo due esempi piuttosto clamorosi: Del Potro tra i maschi e Garcia tra le fanciulle. Adesso sono entrambi sugli scudi, ma andiamo a rileggere quanto si scriveva di loro fino a Wimbledon, più o meno... Anzi, per l'argentino si può continuare fino alla vigilia dello US Open: la sua campagna americana era descritta dai più come un mezzo fallimento, con un giocatore che pareva svogliato e a corto di preparazione, pur avendo accumulato molta meno stanchezza della concorrenza. Adesso quegli stessi che lo biasimavano ne caldeggiano la partecipazione alle Finals, sostenendo che la meriterebbe più di altri: in realtà, la otterrà se racimolerà i punti necessari proprio in extremis, profittando del fatto che la concorrenza è sempre più ridotta ed esaurita. E non so se sia proprio un merito, questo... Garcia c'è riuscita anche grazie a questo fattore, ed ora si è qualificata pure per la semifinale del master, con la collaborazione di una serie di colleghe una più spompata dell'altra.
Senza contare l'interminabile teoria di quelli e quelle che hanno
salutato tutti con largo anticipo, adducendo più o meno credibili e
verificabili problemi fisici, per farsi lo sconto di una manciata di
settimane o di quasi
metà stagione: in ordine sparso, Djokovic, Wawrinka, Murray, Nishikori,
Raonic stesso, Berdych, Kyrgios, Konta, Kuznetsova, Keys, per citare
solo i più noti. Loro hanno detto addio ufficialmente e non si sono più presentati in campo. E poi ci sono quelli che sulla carta giocano ancora, ma con il corpo e con la mente sono già in un'altra dimensione...
Simona Halep ha sì acchiappato il numero 1 proprio alla fine della stagione, ma come si è lasciata sfilare il Master è emblematico: zero reazione, zero lotta; aveva in mano il proprio destino contro una Svitolina già eliminata, e non ha avuto nessuna forza mentale o fisica cui attingere per andarsi a conquistare la semifinale.
Ma se Simona è una ragazza che ha tribolato tutto l'anno con gli alti e bassi, c'è una serie di giocatori che nei mesi scorsi si sono costruiti la fame di fighter, di lottatori, di "cagnacci", eppure oggi sembrano l'ombra di se stessi. Se guardiamo il giardino di casa nostra, l'esempio di Lorenzi è eclatante: ultime sei partite, sei sconfitte una peggio dell'altra. Se invece gettiamo l'occhio oltre i patri confini, viene in mente Pablo Carreno Busta: dopo lo US Open, desaparecido. Ieri ha chiuso il suo match di secondo turno a Vienna buscandosi un doppio 6-1 da Schwartzman.
E se vogliamo parlare di 6-1 nel secondo turno di Vienna, in questa rassegna di giocatori che stanno mandando in campo a fine stagione i lontani parenti di quelli che furono in primavera, non possiamo omettere il nome di Dominic Thiem. E lo facciamo con il cuore che sanguina.
Ieri sera mi è capitato di seguire in tv il suo terzo set, nel torneo di casa. E vederlo così giù di corda me lo ha reso irriconoscibile. Lui che tra Madrid e Roma salvava match points come se non ci fosse un domani, lui che allora non avrebbe ceduto un punto finchè non fosse morto sul campo, ieri ha lasciato scivolare via il match contro Gasquet come se il suo destino fosse già scritto e non ci si potesse opporre in alcun modo. Non ci ha neanche provato, minimamente. E la sensazione peggiore era quasi che nessuno si aspettava che lo facesse, come se tutti quanti, lui per primo, sapessero che non avrebbe lottato per riacciuffarla, anche se non era impossibile, anche se giocava in casa, anche se aveva tutta la famiglia lì a due metri da lui: dal momento in cui ha perso il servizio sul 6-5, consegnando il secondo set a Gasquet, la sua partita è finita.
Ed è finita, la partita, perchè nella sua testa la stagione è finita, e pure non da oggi. (Tra parentesi: la foto delle vacanze in apertura di articolo è sua, di quest'estate). Lui che l'anno scorso aveva vinto più di tutti
partite al terzo set, non ne ha più conquistata una così da mesi. Fuori al quinto
a Wimbledon e agli US Open; fuori al terzo a Washington, Rogers Cup, Tokyo, Shanghai, e ora Vienna. Dice, tra l'altro, che la sconfitta con Del Potro a New York gli pesa ancora
e non riesce a lasciarsela alle spalle... Stanchezza fisica e ancor più mentale, dunque, e quelli che erano i tuoi punti di forza si trasformano in debolezze. Gli ho visto sbagliare una quantità di dritti che forse non aveva totalizzato neanche sommando tutti quelli dei primi quattro turni del Roland Garros!
Insomma, è tempo di chiudere. Per lui, come per (quasi) tutti. Prendersi il tempo che ci vuole, ricaricarsi, ritrovare gli stimoli, le energie, la concentrazione e la voglia. Oggi, l'impressione è che la voglia
prevalente in giro sia
di tutt'altro: vacanze, vacanze, vacanze! E allora chissà, forse la proposta Raonic non è così del tutto campata per aria... e magari nella pausa prossima ventura ci sarà tempo e modo per riflettere anche su di essa.