Simona Halep: Una vittoria da numero 1

11.06.2018

Uno dei primi articoli che scrissi su queste "colonne" riguardava il peso del numero uno in classifica: allora la corona era scivolata da non molti mesi dalla testa di Murray e Kerber, sicché - a pensarci ora - sembrano passati anni luce. Invece non era nemmeno un anno fa. Da allora in Atp abbiamo assistito al ritorno prepotente del Fedal, anche in cima al ranking, mentre tra le fanciulle era appena iniziata una sarabanda che avrebbe portato al vertice una serie di regine, anche se qualcuna solo per poche settimane. Allora l'accento era caduto anche sulle difficoltà di Simona Halep nel cogliere l'attimo, visto che s'era trovata, e non una sola volta, ad una partita appena dal traguardo del Numero Uno. E non l'aveva raggiunto.

Poi, come sappiamo, nel finale di stagione quel traguardo è arrivato e Simona ha chiuso l'annata con il primato in classifica. Un primato sempre un po' traballante, continuamente messo a rischio dalla concorrenza di Wozniacki soprattutto, e in teoria anche di qualcun'altra occasionalmente. Ma, tutto sommato, Simona il ranking l'ha tenut

Eppure contestatissima e criticatissima. Perché regina senza Slam. Come se: a. Vincere uno Slam fosse la faccenda più semplice e scontata del mondo. b. Non ci fossero stati illustri precedenti, che ora è superfluo rivangare. Sembrava quasi che fosse "colpa" sua, povera Simona, responsabile di aver goduto di un sistema di assegnazione dei punti che si può discutere fin che si vuole, ma che è pensato per premiare la continuità ad alto livello piuttosto che l'exploit.

Simona era talmente sottostimata e bistrattata da aver giocato il primo Slam senza sponsor tecnico, indossando un completino che - ha raccontato lei stessa - aveva comprato su internet. (E, tra parentesi, le stava pure bene, molto più di quella combinazione rosellina messale poi addosso dalla Nike quando finalmente è arrivato un pezzo grosso dell'abbigliamento a volerla con sé).

Ma adesso la Campionessa del Roland Garros è lei e nessuno potrà più rinfacciarle di essere regina senza merito. Anche perché ha vinto questo Slam da autentica Numero Uno, ossia facendo valere la legge della più forte, quando è stato davvero Il Momento - e lo scrivo con la maiuscola non a caso.

Perché dico questo? Innanzitutto perché, a differenza degli altri anni, è arrivata alla Porte d'Auteuil, con una stagione di preparazione buona, ma senza grossi acuti. Anzi: la Finale strapersa a Roma contro la Svitolina, dopo aver combattuto una asperrima battaglia in semi contro la Sharapova, sembrava aver certificato il suo profilo di choker, incapace di arrivare davvero in fondo, pronta a sciogliersi sul più bello. Però ha saputo invertire questa tendenza nel momento in cui contava di più: non si può certo azzardare che abbia perso a Roma volontariamente, ma penso sia riuscita a concentrare ed investire al massimo le sue energie sullo Slam. E questa è comunque una dote da Campionessa.

Sono i Numeri Uno quelli che si fanno trovare pronti quando la posta in palio è davvero alta. E sono i Numeri Uno quelli che sanno fronteggiare con successo i favori del pronostico. Simona ha fatto esattamente questo, giorno dopo giorno, partita dopo partita.

Questo Slam è nato all'insegna dell'incertezza, va detto. A chi mi chiedeva un pronostico, però, personalmente ho sempre risposto con certezza su chi NON avrebbe vinto: NON Svitolina, NON Sharapova, NON Serena (ci mancherebbe!), NON Muguruza. Erano i nomi che si facevano, accanto ovviamente a quello di Simona. Ne consegue che, togliendo tutti quegli altri, alla fine restasse lei, la (mia) favorita in pectore. Però non mi andava di dirlo, per non attirarle sventure, che non si meritava... E anche perché non l'avevo ancora vista in campo. Ma dai quarti alla semi alla finale l'ho sempre guardata e, minuto dopo minuto, ho capito che questo era davvero il Suo anno, il Suo torneo.

Prima con la Kerber, ottima fino a quel momento nello Slam da lei meno amato e capace di eliminare una outsider pericolosissima sulla terra come Kiki Bertens, SuperSimo è stata bravissima a non perdersi mai d'animo, nonostante il brutto inizio, il recupero vanificato dal tie-break perso, le cose che sembravano mettersi male: negli ultimi due set ha preso in mano lei la partita e l'ha portata a casa senza patire davvero troppo. Poi, con la Muguruza, in teoria un animale da Slam, una che sonnecchia metà stagione e poi piazza l'acuto al momento giusto, una che - arrivata in semifinale - aveva sempre vinto e che per di più era avanti nei precedenti e che, ancora, infine, aveva appena demolito quel che resta della Sharapova, ecco con lei, Simona ha giocato una partita perfetta, all'inizio favorita dalla quasi assenza in campo della Spagnola, ma poi bravissima a rintuzzarne le velleità di ritorno e a spegnerne i tentativi di rimonta. Come fanno, appunto, i Numeri Uno: che possono andare in difficoltà, ma poi reagiscono, trovano una via, fanno sentire il peso del loro Nome.

E la finale è stata la chiusura del cerchio proprio da questo punto di vista: perché Simona ha lottato dal primo all'ultimo punto, cercando di far valere le proprie capacità. Che certo non possono essere quelle delle picchiatrici compulsive (i suoi 168 centimetri di altezza non glielo possono consentire). Ma non si può certo rinfacciarle una partita difensiva. Ha spinto con tutto quello che aveva, trovandosi di fronte una Sloane Stephens in versione muro e capace poi di chiudere i punti con molta apparente facilità, mentre Simona sudava sette camicie per concludere molto meno. Perso il primo set e sotto di un break in avvio di secondo, Simo sembrava davvero sull'orlo del baratro, prossima all'ennesimo buco nell'acqua, quarta finale Slam persa, terzo Roland Garros sfumato ad un passo dal titolo, secondo da favorita in finale. E lì, di nuovo, si è vista la stoffa della Numero Uno. Perché questa volta non ha mollato, anche se sembrava tutto finito, ha tirato fuori tutte, tutte, e ancora tutte le energie psicofisiche e nervose, si è avvalsa certo del calo di Sloane, sfiancata da un'ora di corse sfibranti per chiunque e forse più ancora per lei che non è proprio una specialista del rosso... Ha visto i fantasmi, Simona, ma li ha saputo scacciare, con pazienza, con caparbietà, con tenacia. Le doti che tutti le devono riconoscere nel circuito. E in effetti è proprio così: mai vista una tale pioggia di congratulazioni per la vittoria da parte delle colleghe, alcune delle quali persino sorprendenti, visto che sono considerate algide o "antipatiche" o antisportive. Nel giro di un'ora Kvitova, Petkovic, Pliskova, Vesnina, Svitolina, Kasatkina, Konta, Suarez Navarro, Gavrilova, Cornet, Lisicki, Mladenovic, e chissà quante ne sto dimenticando, erano lì a dirle "brava" e trarre un insegnamento e direi anche una speranza dalla sua abnegazione, dalla sua costanza, dal suo traguardo finalmente raggiunto.

E dunque brava, brava davvero Simona Halep, che hai portato la Romania sul tetto del mondo tennistico, che hai mostrato una via, un esempio, un modello, speriamo imitato da tanti altri: il lavoro paga e, se uno ha qualcosa di speciale in sé, prima o dopo riuscirà a farlo emergere. E a diventare una vera Numero Uno.


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