La luce di un Razzo nella notte

24.12.2018

L'off season del tennis è quasi finita, ma nell'attesa perché non raccontare qualche "Storia di neve"? Ho pensato che si potrebbe cominciare con un Campione olimpico... 

Non racconto quasi mai di Italiani: non so perchè, forse il pensiero che potrebbero leggermi e capire quello che scrivo e magari non apprezzarlo nè condividerlo mi trattiene; o forse, semplicemente, finora nessuno mi ha ispirato abbastanza da poterci costruire intorno una bella "storia" (di tennis o di neve, purchessia!).

Ma se oggi inauguro la mia - a lungo progettata e mai realizzata finora - sessione invernale delle Storie, sconfinando in sport meno planetari e assai meno ricchi del mio solito, è proprio per merito di una piccola grande impresa di un atleta italiano: Giuliano Razzoli, il "Razzo" di Villa Minozzo, il Campione olimpico di Slalom a Vancouver 2010. Ossia, ormai, tre Olimpiadi invernali fa: vale a dire che ne è corsa di acqua sotto i ponti... e sono successe tante tante cose, da allora. Tant'è vero che quell'oro olimpico appartiene alla memoria, forse, di troppo pochi appassionati ormai.

Ma torniamo al presente, perchè non è certo quel luccicantissimo metallo di oltre otto anni fa la ragione per cui oggi qui si parla dello slalomista reggiano. (Per quanto anch'esso abbia un suo ruolo nella storia di oggi, come vedremo. Ma tutto a suo tempo).

Giuliano ha da poco compiuto 34 anni, essendo nato il 18 dicembre 1984: un'età in cui per molti si inizia a pensare alla fine della carriera, specialmente se si pratica una disciplina in cui importa tantissimo la reattività neuromuscolare, che inevitabilmente cala con l'avanzare degli anni. Ma le Olimpiadi koreane hanno dimostrato che si può persino vincere il titolo più importante di un'intera carriera a quell'età ed anche oltre... e allora, perchè non guardare avanti?

Forse perchè, se esci da tre stagioni di fila tribolatissime, la volontà di farcela può non bastare. E questo sembrava proprio il caso del nostro "Razzo": uno che sì, ha vinto le Olimpiadi da giovane e poteva da lì spiccare il volo per una grandissima carriera, ma ha avuto tanti di quei guai e di quegli infortuni che avrebbero abbattuto anche un toro... E quello avvenuto a Kitzbuehel tre anni fa, proprio nel momento in cui sembrava che il peggio fosse alle spalle e si potesse guardare al futuro con serenità, poteva comportare davvero la parola fine.

L'anno scorso Razzo corse più o meno tutta la stagione, ma senza mai concludere uno slalom di Coppa in maniera consona al suo talento e alla sua storia: venti secondi di gara magari splendidi e poi arrivava l'errore o finiva la benzina... E il perverso meccanismo dei punti che determinano l'ordine di partenza (ossia la WCSL = World Cup Starting List) lo spingeva sempre più giù. Ecco perchè all'inizio della stagione attuale si trovava a partire con numeri assurdi come il 69 di Madonna di Campiglio.

Ma Campiglio fa anche un regalo a chi, come lui, è costretto a partire dalle retrovie. Anzi, un regalo doppio: una pista preparata perfettamente ed un'accoglienza calda calda da parte del pubblico di casa. Razzo sa di essere tornato in buone condizioni fisiche, ha appena conquistato un podio in Coppa Europa ad Obereggen e la fiducia, così importante in uno sport che si gioca sui centimetri e i centesimi, pian piano si fa strada. Questa di Campiglio si presenta come una grande occasione... E il Nostro è bravissimo a coglierla: prima manche nei dieci, ed è già qualcosa di enorme; seconda manche intelligente, senza strafare ma nemmeno tirando a campare giusto per riassaporare il gusto del traguardo. No, solido, preciso, apparentemente flemmatico e come sempre non appariscente, il ragazzo disegna una manche (quasi) come quelle di un tempo, che gli permetterà di conquistare un quinto posto che sembra avere qualcosa di miracoloso.

Ma non esistono i miracoli nello sport: esiste la fatica, la tenacia, la volontà... Esiste la tecnica e la pratica... la ripetizione dieci, cento, mille volte finchè non scatta l'automatismo... Esistono il sudore, il sangue, e le lacrime. Sì, le lacrime di frustrazione, ma anche quelle di commozione per un traguardo che sembrava impossibile e invece è stato raggiunto: tornare ai vertici. Tornare là dove un campione olimpico dovrebbe stare, ossia tra i Grandi.

Giuliano è stato commovente in pista e commovente al traguardo, per come è stato incapace di tenersi dentro tre anni di sofferenze, di delusioni e di risposte a chi gli suggeriva di riununciare, di arrendersi al tempo e alla sorte maligna. Ma lui, con gli occhi lucidi e un magone infinito, ha risposto prima in pista e poi ai microfoni: "Sono un Campione Olimpico e, quando smettere, lo decido io".

E allora, bentornato... Foss'anche solo per un'unica, magica serata, valeva la pena provarci ... Ma ovviamente non sarà così: ne verranno ancoraaaa!!!! E saranno luminose, brillanti e scintillanti, come un Razzo che attraversa il cielo buio illuminando la notte.

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