Non è mai troppo tardi?

04.06.2023
Ogni tanto si giocano di quelle partite per cui sai già che, quale che sia l'esito, un po' sarai felice e un po' ti dispiacerà. Oggi me ne sono capitate due, e per di più in contemporanea. Le prime due giocate al Roland Garros. Anche perché avevano preso entrambe una certa piega, ed io mi ero fatta l'idea che andasse bene così, e poi entrambe hanno svoltato, lasciandomi un po' - diciamo - perplessa. Sto parlando dei match Kachanov-Sonego e Pavlyuchenkova-Mertens, al termine dei quali la sensazione è stata, come avrebbe detto la poetessa Saffo, glykypikron ("dolceamara", per i non classicisti). Perché i quattro protagonisti, pur nelle loro diversità, a me piacciono tutti, in particolare per un tratto in comune: l'avere meriti sostanzialmente misconosciuti. Parliamo cioè di giocatori di livello alto, a volte molto alto, eppure non stellare, con carriere rispettabilissime, a cui manca però l'acuto assoluto, e per questo rarissimamente in prima pagina: tennisti in ogni caso di cui si parla un po' meno di quel che sarebbe - a parer mio - giusto. 

Poiché non posso occuparmi ora di tutti e quattro e tutti insieme, per ragioni di età darò oggi spazio ad Anastasia Pavlyuchenkova, non perché oggi abbia vinto ma perché, proprio per via dell'anagrafe, è forse quella che mi offrirà meno occasioni in futuro. Nastia infatti sta per compiere 32 anni e, anche se questo non significa che smetterà quanto prima, dovrebbe avere ormai alle spalle la parte più significativa della sua carriera, sebbene nella sua imprevedibilità la ragazza sia capace di tutto e chissà che non ci riservi altre sorprese in questo Roland Garros, all'inizio del quale pronosticarla ai quarti richiedeva una discreta dose di immaginazione. 

La sua carriera, dicevo: che è stata lunghissima, al punto che a pelle chiunque sarebbe portato ad attribuirle qualche anno di età in più. E non è un'impressione del tutto fallace, se pensiamo ad alcune avversarie con cui si è confrontata: Jankovic, Hantuchova, Radwanska, Safina, per fare qualche esempio. Tutte pensionate e nemmeno da ieri. Il fatto è che Anastasia ha cominciato a far sul serio che era davvero giovanissima: a 15 anni vinceva gli Australian Open Junior, bissandoli l'anno successivo, con anche un US Open nel mezzo. Sembrava una di quelle destinate a far sfracelli, un po' come la Mirra Andreeva di cui si parla tanto in questi giorni. Non si considerava probabilmente l'indubbio vantaggio fisico che aveva sulle coetanee: seppur non altissima, Nastia è sempre stata un "peso massimo", una bombardiera che, con le pari età un po' meno possenti, aveva sicuramente vita facile. 

Ma nel tour maggiore la potenza non basta e, crescendo, si è anche rivelata in un certo senso un boomerang, perché - messa in crisi sugli spostamenti e fatta correre - la ragazza non ha quasi mai saputo trovare le valide contromisure. Inoltre un fisico importante, per poter girare al massimo, ha bisogno di essere supportato da buona salute e testa, doti di cui non sempre la ragazzona di Samara ha disposto con larghezza. Raccontava lei stessa qualche anno fa, più o meno a metà di una carriera che appariva soddisfacente ma un po' al di sotto delle sue stesse aspettative, di aver condotto fino a quel momento una non troppo rigorosa vita da atleta: distrazioni e allenamento non sempre all'altezza ne avevano pregiudicato lo sviluppo ai massimi livelli. 

Eppure stiamo parlando di una che ha vinto dodici titoli WTA in singolare, di cui due Premier / 500, ed è stata numero 11 al mondo! Quella classifica arrivò alla fine del 2021, dopoché era già stata numero 13 nel 2011; in mezzo tanti alti e bassi, con la maggior parte delle annate chiuse tra la posizione 20 e la 30. La sensazione era che la prima parte della carriera fosse stata la più feconda: alla soglia dei trent'anni, i treni sembravano ormai tutti passati, ed ecco che, forse perché meno responsabilizzata o forse perché per una volta fortunata, nel giugno 2021 si trova di fronte, o meglio dentro, l'occasione di una vita: una finale Slam, a Parigi, lei che sulla terra rossa non si è mai trovata esattamente a suo agio. Contro Barbora Krejcikova, lei pure al primo grande appuntamento della sua carriera, quanto meno in singolare. Be', fu anche quello un match in cui sapevo che, comunque fosse andato, avrei un po' gioito e un po' patito: perchè la storia di Barbora, eccellente doppista scopertasi quasi per caso a 25 anni capace di giocare bene, molto bene, anche in singolare era intrigante, altrettanto quanto quella dell'ex enfant prodige "perduta" che si ritrova la possibilità di lasciare un segno proprio in quella che sembra la fine della sua storia sportiva. 

Vinse Barbora, lo sappiamo, ma la finale di Nastia suonó sicuramente come una sorta di Oscar alla carriera, un suggello di grande prestigio per una che era arrivata cinque volte nei quarti Slam ma mai si era spinta oltre. Ma in realtà l'annata avrebbe regalato alla russa ancora di più: una medaglia d'oro olimpica in doppio misto con Andrej Rublev e una BIllie Jean Cup con la sua nazionale. Lei diede il suo contributo, salvo storcersi una caviglia nel penultimo match, per cui assistette alla finalissima dalla panchina. Ma proprio quando sarebbero bastati un paio di buoni tornei per poter accedere all'agognata Top Ten, ricominciarono i problemi alle ginocchia, tali da condizionare pesantemente l'inizio del 2022, giocato a singhiozzo. In doppio Anastasia riusciva a mascherare maggiormente le sue difficoltà negli spostamenti, tant'è vero che a maggio, in coppia con Veronika Kudermetova, si portò a casa il titolo nel "Mille" di Roma. Ma era già tutta incerottata e si vedeva quanta fatica facesse. Decise di fermarsi, di farsi operare, e sembrava difficile potesse tornare ad alti livelli, con la sua lunga militanza, il logorio fisico, la onorata carriera alle spalle. 

Invece è tornata a giocare nella World Tennis League a Dubai, in dicembre, ad un livello sorprendentemente buono. Approfittando del ranking protetto e di meritate wild card, ha poi preso parte a diversi tornei di importanza assai diseguale, qualche ITF per carburare, ma anche un paio di Mille. Come diseguali sono stati gli esiti: si è vista rifilare un doppio bagel da Iga Swatek a Roma, dopo che il giorno prima aveva lasciato due giochi a Sara Errani, per dire. D'altra parte la costanza non è mai stato il suo forte: anche ai tempi d'oro era capacissima di mezz’ora da urlo, per poi incappare nella successiva mezz'ora nella sagra degli errori e degli orrori. E anche questo RG è stato un po' così: in quasi tutti i match giocati, è sempre sotto nel punteggio, per poi a rimontare. A parte il primo turno, in cui ha disposto abbastanza agevolmente di Linda Fruhvirtova, ha dovuto rimontare avversarie al momento più quotate di lei, come Samsonova e Potapova, e non si è smentita oggi: la partita sembrava strapersa, sotto di un set e quasi 1-4 nel secondo, ed è in quel momento che la luce si è accesa e, con la complicità di Elise Mertens sua avversaria, Anastasia si è ripresa la scena. Nonché un altro quarto di finale Slam: una nuova perla da aggiungere alla collana del prestigio e del successo. Che non è fatta solo di grandi titoli, ma anche di tanti traguardi che centinaia e centinaia di avversari si sognano. E che lei ha già raggiunto e, a questo punto, forse raggiungerà ancora. E ancora. E ancora. 

Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia