La saggezza di Sofia

08.02.2020

"Sofia": anche chi non ha mai studiato il greco sa che significa "sapienza, saggezza". Il nome sembra calzare a pennello alla giovane Kenin, recentissima vincitrice degli Australian Open. Che, a dispetto dei suoi ventun anni, ha dimostrato in campo e fuori un'attitudine da veterana per il modo in cui ha saputo gestire la propria crescita fino all'atto finale e alla conquista di uno dei più prestigiosi trofei del circuito: il titolo Slam.

E sì che la ragazza ama farsi chiamare Sonya dai familiari e dalle persone care, secondo l'uso di trasformare i nomi in forme affettuose tanto diffuso in Russia, terra d'origine della sua famiglia, dove lei stessa è nata. E così una Darja diventa invariabilmente Dasha e una Marja sarà ovviamente Masha... Ma torniamo a Sofia, che - da personcina assennata quale pare sia - pur preferendo il nomignolo, non ci ha costruito sopra una storia stucchevole con tanto di brand quale la sua più giovane connazionale Cori "Call me Coco" Gauff, che ha già magliette e scarpe personalizzate con siffatto tormentone.

Va detto peraltro che forse Sofia/Sonya non ne ha anche avuto l'occasione, di fare gran cassa mediatica: perché, diciamoci la verità, fino all'altro ieri non se la filava nessuno o quasi, nemmeno in patria: cosa che peraltro non hanno mancato di sottolineare lei stessa, ma senza particolare astio, e il papà coach, forse più infastidito.

In realtà però forse questa sottovalutazione mediatica è stato un gran vantaggio per Sofia, arrivata alla ribalta di questi Australian Open da underdog e quindi assai più serena sia delle presunte prossime fenomene USA, come Gauff o Anisimova, sia delle sue avversarie delle fasi conclusive del torneo, come Barty schiacciata dalle attese del pubblico di casa o Muguruza, data unanimemente come favorita per la Finale, forte della sua maggiore esperienza.

E Sofia, zitta zitta, se l'è andato a prendere lo Slam che nessuno si aspettava da lei in questo momento, dimostrando una freddezza e una capacità di reagire alle difficoltà non comuni davvero, tanto più se si pensa che in vita sua aveva vinto appena tre International.

Però che la ragazzina avrebbe fatto strada, a ben vedere, si poteva intuirlo da quel dì... Non a caso, ho quest'articolo in canna già da parecchi mesi: mi mancava solo l'occasione per scriverlo senza pretese profetiche. Pensavo ci sarebbe voluto ancora un po' per un grandissimo exploit, sinceramente, perché uno dei tratti caratteristici della saggezza di Sofia è stato, a mio giudizio, il suo percorso graduale. Intendiamoci: che la ragazzina avesse dei numeri era già chiaro dalla sua infanzia. Che fosse cresciuta in ambiente propizio alla sua crescita e al suo successo, pure: una che a sei o sette anni può permettersi di frequentare Andy Roddick, Anna Kournikova o Kim Clijsters, come documentano video e foto tirati fuori dall'archivio di recente ed ormai diventati virali, è una che mastica tennis di altissimo livello fin dalla prima infanzia. Ma quanti ce n'è di ragazzini che frequentano le scuole tennis proclamando che diventeranno numero 1 e vinceranno Slam, coma faceva quella cucciola dagli enormi occhi blu e dai dentini perfettamente allineati che ha conservato ancora oggi? E quanti di loro ce la fanno realmente? È ovvio che, per farcela, non basta dichiararlo... Ci vuole quel "quid" che ti trasformi in qualcosa di più di una semplice promessa.

Ecco, dicevo, che Sofia fosse più dotata della media era chiaro fin da quando era piccina. Ma poi questo quid bisogna saperlo gestire e far fruttare: ed ecco che entra di nuovo in gioco la saggezza. Certo della famiglia e del papà innanzitutto, fondamentali nel suo caso... E poi della protagonista stessa.

Che ha un grande merito nel non aver bruciato le tappe. E nell'aver ponderato le sue scelte. Era numero 2 del mondo da junior... Ma ci ha pensato non poco prima di optare per il professionismo, perché aveva aperta anche la porta che portava al college. Una volta intrapresa una certa strada, però dritta, via, senza ripensamenti. E la sua vita è stata consacrata al tennis.

Un anno fa non era neanche cinquanta al mondo. Poi ha cominciato una scalata vertiginosa, ma nello stesso tempo fatta di piccoli passi. Non è stata - per dire - una Ostapenko che ha vinto come primo titolo proprio lo Slam... No, per Kenin, primo titolo Wta in doppio all'inizio del 2019 (in coppia con la Bouchard... Se è riuscita a far vincere pure lei, dev'essere proprio forte, Sofia!) seguito a stretto giro dal primo trofeo anche in singolare, a Hobart. Altre tre finali nell'annata, una vinta e due perse, com'è giusto che sia in una crescita equilibrata. Qualche scalpo importante: nei mesi della crescita impetuosa e travolgente della 19enne Andreescu, Kenin viene citata spesso per esser stata l'ultima ad averla battuta e al Roland GARROS è ancora lei la giustiziera di una Serena sempre alla caccia del 24esimo Slam. Con ciò ottiene tra l'altro il suo miglior risultato nei major (fin ad oggi, ca va sans dire!). Nell'estate americana, ancora altri passi importanti: semifinale nei prestigiosi Mandatory di Cincinnati e Toronto. E finale di stagione, con partecipazione dalla porta di servizio al Master, dove tra un forfait ed un ritiro, viene chiamata in campo per l'ultima ed ininfluente partita, che - sapendo di non potersi comunque qualificare per la fase successiva - si gioca fino alla morte, pur perdendo di un soffio.

Personalmente ho imparato a conoscere un po' e ad apprezzare la Kenin tennista proprio in quel frangente. L'avevo già vista qualche volta ma senza particolare attenzione. Anche perché - va detto - Sofia non è esattamente una che ruba l'occhio: di quelle che le guardi e dici "Wow!". Ed anzi, quel suo muoversi spesso a scatti, che la fa sembrare un robottino, e l'aria non proprio amorevole con cui guarda la avversarie non suscitano a prima vista nessuna empatia. Le racchette sbattute a terra e certi urlacci nemmeno. Però la tigna e la grinta che mise in campo quel giorno in cui non serviva a niente vincere, unita a doti di intelligenza tattica che emersero anche in quell'occasione, mi hanno fatto ricredere. E questo Slam lo ha dimostrato: Sofia non è forse uno straordinario fenomeno tecnico, anche se a quel livello sono tutte eccezionali, ma ha una grandissima solidità: non si arrende mai, se si fa prendere dall'ansia spesso trova poi il modo per riannodare le fila, è coraggiosa senza esser scriteriata, ossia fa il suo gioco ma senza tirare tutto e sempre a tutta randa, sa anche rallentare e variare, e sa anche leggere i momenti del match. Se alla sua prima finale Slam non commette nemmeno un doppio fallo, qualcosa vorrà dire...

Insomma, l'ho già scritto: la porta scritta nel nome, la sua saggezza. E se anche, com'è probabile, ora il successo Slam la travolgerà per qualche settimana o mese, e le farà attraversare fasi di smarrimento e confusione, probabilmente Lei scoverà una via per riemergere. E noi la ritroveremo ancora ad alti livelli. Forse non con assoluta continuità, ma è arrivata in alto per restarci, questo è sicuro. 

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