Jelena la peste

Tutte le volte che vedo in campo Jelena Ostapenko, nella mia mente si forma una frase. E' il titolo di un film di qualche anno fa: "Piccola peste torna a far danni".
Non posso fare a meno di pensare a lei come una guastafeste, una rompiscatole, una che ci gode un sacco a rompere le uova nel paniere altrui. Quel suo broncio, quando le cose vanno male, e l'aria irriverente, quasi beffarda, che invece assume in caso di vittoria, sanno tanto di bimbetta dispettosa.
E quanto ai danni... Chiedere per informazioni a Simona Halep, per esempio. Travolta dall'emozione di essere ad un passo dal suo primo Slam, a Parigi, la rumena si è lasciata completamente surclassare dalle bombe che Jelena si è messa sparare a destra e a sinistra, quando ha pensato di non avere ormai più niente da perdere.
Ma chiedere anche a Muguruza. La fresca numero 1 era forse un po' malconcia, a Wuhan, ma Jelena non se l'è fatto ripetere due volte: bam bam bam, come un bambino a cui hanno regalato una mazza di tamburo, ha preso a picchiare sulla ferita, e via: un 6-2 al terzo che non ammette repliche. Senza nessun rispetto, senza nessuna remora.
Perchè se c'è una parola che qualifica la Ostapenko, sembra proprio essere "irriverenza". E, con quella faccetta un po' buffa che si ritrova, non riesce proprio a tenere nascosto questo lato di sè.
A Parigi nessuno se l'aspettava vittoriosa. E come avrebbe potuto essere diversamente? Una teenager, a zero titoli, tre finali appena, e tutte perse, l'ultima sulla terra verde di Charleston, con la sua coetanea Darya Kasatkina. Eppure, non ha fatto un plissè: primo ottavo Slam, primo quarto Slam, prima semi, prima finale: la musica non è cambiata. Un po' contratta magari all'inizio dei match, ma poi liscia come l'olio, anzi sempre più forte. Come solo le incoscienti possono fare.
E il titolo "pesante" non l'ha poi turbata più di tanto. Altre campionesse Slam ci hanno impiegato un anno o più a metabolizzare il successo: l'abbiamo visto con Muguruza, e anche Stephens alla prima uscita da detentrice dello US Open è sembrata ancora frastornata. Invece lei sia a Wimbledon sia a New York ha dimostrato di esserci: vero, non è arrivata in fondo, ma forse sarebbe stato pretendere davvero troppo. Ha compiuto 20 anni durante la semifinale del Roland Garros, che diamine!
Comunque, allo US Open ha fatto in tempo a dare un'altra prova del suo caratterino tutt'altro che mite e assai poco propenso ad accettare la sconfitta, con una stretta di mano a dir poco glaciale alla Kasaktina che l'aveva battuta e poi, in conferenza stampa, parole di indifferenza verso la rivale. Come una bambina, di nuovo.
Una bambina, un'incosciente, o una che la sa molto lunga? Quel che pare certo è che Jelena sia tipa tosta, tostissima. Forse davvero perchè ancora non si rende conto, e prende le cose alla leggera? Chissà... Nel frattempo, qualche mese dopo il trionfo di Parigi, è arrivato anche il primo titolo "normale": sembrerà di assai poco peso, il trofeo dell'International di Seul, però arrivarci da numero 1 del seeding, da assoluta favorita, e rispettare il pronostico, è tutt'altro che banale. Nel torneo attualmente in corso, Wuhan appunto, oggi ha perso la semifinale, ma non senza aver fatto fuori, prima, Strycova, Puig e Muguruza; e, tanto per non smentire la sua fama da piccola peste viziatella, nella semifinale odierna ha pensato bene di far parlare di sè per aver ostentatamente ignorato la sua coach che cercava di scuoterla, al punto che la povera Medina Garrigues ad un certo punto si è ritirata in buon ordine.
E così, con questo suo stile un po' naif, che per qualcuno è detestabile e qualcun altro trova invece segno di personalità, è entrata nelle prime dieci al mondo e si è sistemata in ottima posizione per aspirare alle WTA Finals. Dove potrebbe tornare a far danni.
