C'era una volta l'Armata Rossa

Questa di oggi non è una "storiaditennis" come tutte le altre. Perchè non riguarda una persona, come avviene di solito, bensì una intera nazione. E questa nazione è la Russia.
Per questo, mi è venuto spontaneo partire dall'Armata Rossa. Che, come
sappiamo, storicamente è stato il potente e glorioso
esercito sovietico, che contribuì in modo decisivo alla vittoria delle Forze Alleate nella II guerra mondiale. Perchè la cito allora in un sito che parla di
tennis?
Ad esser precisi, il ricordo mi è venuto in mente a margine dell'ultima tornata di Fed Cup, lo scorso weekend: quando, tra gli altri incontri, si è disputato un Russia-Lettonia che ai tempi della mia infanzia non sarebbe mai potuto avvenire: semplicemente perché quei due Paesi non esistevano. Esisteva solo l'Unione Sovietica e la Lettonia ne era parte, suo malgrado. Dunque, all'epoca, eventuali soldati avrebbero militato fianco a fianco, per quanto sotto le insegne dell'esercito sovietico, ormai non più denominato ufficialmente Armata Rossa da qualche decennio, ma ancora tale nell'immaginario collettivo.
C'è anche un altro aspetto da aggiungere, però. Il nome "Armata" incuteva rispetto se non terrore, evocava qualcosa di potente e pressoché inesauribile, e appunto per questo spesso è stato usato, e direi talvolta è usato tuttora, per indicare, ben lontano dal contesto bellico, una squadra forte e solida, un gruppo compatto e numeroso, insomma qualcuno che è duro da sconfiggere.
E qui arriviamo, finalmente al tennis. Nel senso che, sulla carta, le due formazioni russe di Davis e FedCup potrebbero essere ancora, in un certo senso, "armate" (anche se forse non più tanto rosse). I maschi dispongono di tre ragazzi tutti più o meno coetanei compresi tra le posizioni 30 e 50 al mondo, pur con qualche oscillazione dovuta alla età ancor giovane; Rublev, Kachanov e Medvedev sono infatti tutti appartenenti alla categoria Next Gen e dintorni, si sono già aggiudicati tutti e tre almeno un titolo Atp, hanno qualche scalpo eccellente nel loro carniere e a volte si disimpegnano con agio persino in doppio, se pensiamo che i primi due insieme per esempio hanno disputato la finale del Mille di Miami. Tra le ragazze, la situazione è potenzialmente ancor più rosea, con 8 tenniste nelle prime cento al mondo, una top ten per ora solo sfiorata, ma secondo molti destinata ad esser raggiunta presto, con Kasatkina, tante ragazze d'esperienza e con buoni o ottimi risultati alla spalle come Kusnetzova, Pavlyuchenkova, Makarova e Vesnina - queste ultime poi supercampionesse di doppio - oltre ovviamente ad una superstar, per quanto ormai un po' decaduta, come Sharapova, ed ancora un branco di giovanissime in rampa di lancio.
Ebbene,
se dovessimo giudicare da questo quadro il movimento russo, ecco sì che sarebbe ancora
una armata. Ma poi, li si mette a giocare per la nazionale, ed il disastro è
garantito. Ecco le prove.
Due settimane fa, nel glorioso stadio Luzhniki di Mosca, la presunta Armata era chiamata a giocarsi la possibilità di accedere agli spareggi per risalire nel World Group di Davis, con un avversario in teoria facile facile: la piccola, piccolissima Austria, resa ancor più abbordabile dalla defezione del suo unico giocatore di un certo peso internazionale, Dominic Thiem azzoppato dalla storta rimediata ad Indian Wells. L'Austria schierava singolaristi da numero 150-200 al mondo e doppisti diciamo piuttosto stagionati. In particolare, il capitano era stato costretto a ripescare il 37enne Jurgen Melzer, fermo più o meno da un anno per infortunio. Insomma i ragazzotti russi dovevano farne un sol boccone. Peccato che, con i sistemi in vigore nei gironi inferiori della Davis, ossia match 2 su 3 e concentrati in soli due giorni, abbiano perso talmente in fretta da non rendersene quasi conto, piegati dal numero 200 al mondo e da un 37enne il cui braccio è tenuto insieme con scotch e vinavil.
La sconfitta delle ragazze, viceversa, ci può anche stare. La Lettonia è sì un
piccolo Paese, ma in questo momento vanta due giocatrici tra le prime quindici
al mondo, la Ostapenko giovanissima ma già campionessa Slam e la Sevastova, un po' più grande di
età, meno devastante nel gioco, ma sicuramente affidabile. La Russia che le ha
affrontate non era certo al completo, per quanto ci fossero nomi di tutto rispetto.
Ma nemmeno il fatto di giocare in casa le ha dato la spinta sufficiente, forse anche perchè la "casa" prescelta è stata la poco ospitale città siberiana di Kanthi Mansiysk. Quel
che è più impressionante, comunque, al di là di tutto, è che questa partita avrebbe significato, per la
perdente, retrocessione. Sicché aver ceduto alla Lettonia comporta ora per la
Russia, che dieci anni fa la Fed Cup la vinceva, di dover ora giocare
nell'equivalente della Serie C.
Questo
è quanto. Forse è solo un passaggio, o forse è
solo il fatto che impegnarsi al massimo per la Nazionale non è la
priorità di tutti e di tutte. Resta il fatto che il timore di una invincibile Armata è in questo caso un ricordo lontano e sbiadito.
