Cartoline di emozioni da Schladming

Ok, Kitz: bellissima, affascinante, da sempre la mia preferita località della Coppa del Mondo... Ok, Wengen: la sua storia, i suoi passaggi unici e spettacolari, la lunghezza massacrante del Lauberhorn... Ok, le gare in Italia, tutte belle per noi, perchè appunto sono di casa... Ma Schladming, gente: che cos'è Schladming per lo sci alpino?
Se c'è un posto capace di impressionare anche i non addetti ai lavori, per la sua straordinaria cornice di pubblico, quello è proprio la località della Stiria, che ogni anno, l'ultimo martedì sera di gennaio, si trasforma nella capitale dello sci, o quanto meno della disciplina dello slalom speciale, con la cosiddetta "Night Race", la "Corsa della notte", senza nemmeno bisogno di aggiungere aggettivi ulteriori. Che non hanno nemmeno inventato, a Schladming, perchè vennero prima in Italia le gare notturne: però in Austria hanno saputo trasformarlo in un appuntamento grandioso, ed imperdibile. Complice certo, l'amore sviscerato che questa nazione nutre per il suo sport prediletto. Ma non è solo questo. La Planai diventa una volta l'anno veramente un polo di attrazione, qualcosa di magnetico. E magnifico.
Nonostante a volte non siano mancati problemi organizzativi, di preparazione della pista, di neve, di clima. Che hanno guastato la festa, anche se solo un po'. Ma non in questa edizione. Quella del 2019 è stata una Planai memorabile. E lo spettacolo che ne è conseguito è stato di altissimo livello, regalando storie su storie di intensa carica emotiva.
Non può essere altrimenti, quando lo spettacolo si svolge sotto gli occhi di oltre 45.000 tifosi, praticamente uno stadio di calcio pieno, spettatori assatanati, muy calientes nonostante il clima rigido e forse anche grazie alla complicità dell'alcool, che a quanto pare lassù scorre a fiumi. Ma la particolarità di quel pubblico è di essere disseminato lungo la pista dal primo all'ultimo metro, sicchè chi è al cancelletto vede tutto, e sente tutto. Il boato sale per gli atleti di casa, ovvio, ma nessuno viene lasciato solo, nemmeno se parte nel numero 80 (e nella I manche succede: a Schladming vogliono gareggiare tutti!).
E' un'energia che esalta chi sa incanalarla dentro di sè e annichilisce chi se ne fa schiacciare. Non è un caso che qui abbiano vinto sempre e solo fior di campioni. Ci sono sciatori che ogni anno disputano qui la loro miglior gara. Ed altri che magari stanno avendo una buona stagione ma, arrivati qui, si bloccano. Perchè non si può rimanere indifferenti. E le lacrime, di rabbia e di esultanza, di frustrazione e di sollievo, di esaltazione e di rimpianto, iniziano a scorrere.
A questo giro, la Planai ci ha regalato tante cartoline, una più emozionante dell'altra. Dalla super rimonta dello sloveno Kranjec, che in gigante è fortissimo ma in slalom parte quasi ultimo con numeri oltre il 70, e qui si è esaltato, regalandosi il terzo tempo di manche, alla debacle del suo connazionale Hadalin, che stava andando ancor più forte ed era ad una manciata di metri dall'arrivo, quando ha sbagliato, compromettendo un risultato che sarebbe stato decisamente importante e suscitando un "oooh" collettivo di delusione che si sarà sentito fino a Vienna... Dalla storia bellissima del giovane Popov, che solo per essere bulgaro meriterebbe un racconto a sè, ma in realtà ha molto ma molto da dire: una carriera junior folgorante, preludio di un lumonoso avvenire; un terribile incidente, in cui perde la sua vita il suo allenatore e lui stesso si ferisce seriamente; un ritorno alla vita attraverso lo sport, e tutto questo a soli 21 anni... Tutto il pubblico ha tifato per lui, accompagnandolo ad un risultato nei dieci, il secondo di seguito, che ci dice che la stoffa c'è e il ragazzo ha le gambette corte, ma le spalle larghe... E poi c'è Felix, Felix Neureuther, quello che qui considerano il Tedesco preferito degli Austriaci, ma è personaggio amatissimo a tutte le latitudini dello sci mondiale: ebbene, il suo saluto e l'applauso infinito che l'ha accompagnato sanno tanto di imminente addio alla Planai e probabilmente all'agonismo...
Ma non si può concludere senza citare Lui, quello per il quale i quasi 50mila erano saliti fin lassù. Il Numero Uno, il Re, il Mostro, l'Alieno, quello che dimostra praticamente ogni santa settimana da otto anni a questa parte perchè tutti questi appellativi gli calzano perfettamente, quello per il quale gli aggettivi superlativi sono esauriti da tempo, eppure continua a sfidarci a trovarne degli altri.
Marcel Hirscher ha una storia di vecchia data con Schladming e, come tutte le storie d'amore vero, ha avuto anche i suoi momenti di crisi, ma mai di indifferenza. Schladming gli ha portato delle finali di Coppa coronate con la boccia di cristallo, gli ha portato il suo primo titolo mondiale, gli ha portato epiche rimonte. E ieri sera il suo 68esimo trionfo in Coppa del Mondo. Ma questo è solo un numero. Ieri non contavano i numeri, benchè quei 99 centesimi appioppati al più vicino inseguitore nella prima manche facciano abbastanza impressione. No, ieri è stata adrenalina pura, agonismo portato alle stelle, concentrazione estrema ed elettricità dell'atmosfera diventata spettacolo in gara. Una roba da far tremare la montagna, un boato ad accompagnarlo tale da farsi sentire persino con la telecronaca sopra a coprirla in parte.
Un'apoteosi è - letteralmente - l'assunzione di un essere umano a divinità. Fare quel che ha fatto ieri sera Marcel a Schladming è la cosa più vicina all'apoteosi che abbia mai visto su una pista da sci. E non poteva che accadere lassù. Sulla Planai. Nell'ultimo martedì notte del gennaio 2019.